Presentazione Mostra Personale 1997 - 5 maggio 1997
La retrospettiva di Enrico Redolfi vuole fare il punto su di un percorso artistico sorretto da una ricerca tenace e riservata, mai presentata al pubblico nella sua interezza.
Il pittore esordisce, non ancora completato l’iter scolastico di formazione, con opere legate a suggestioni di ascendenza cubistica e novecentistica che già preannunciano, nell’orchestrazione tonale, la predilezione degli anni successivi per gamme cromatiche basse e terrose.
Lo “spegnimento” della tavolozza si sposa alla lavorazione materica del colore che si traduce in sottili increspature della superficie, in effetti di graffito, in trame di solchi incisi.
Nella produzione degli anni ‘60, la rielaborazione, non senza trattenimenti, degli echi della stagione informale prende avvio da spunti di natura paesistica che, nelle prove migliori, vengono sottoposti ad un processo di riduzione tendenzialmente astraente.
Si impongono allora composizioni dalla struttura sedimentaria che diventerà un motivo ricorrente di stile, e che, unitamente alla sobria modulazione cromatica, imprimerà nelle tempere di questa fase una comune misura, una sorta di cadenza pausata.
Più i contemporanei lavori su carta in cui affiorano vaghe reminiscenze di automatismi surrealisti che movimentano segni e ritmi, ma che fanno anche trapelare un’imprescindibile esigenza di ordine negli assetti rigorosamente bilanciati.
Il pittore esordisce, non ancora completato l’iter scolastico di formazione, con opere legate a suggestioni di ascendenza cubistica e novecentistica che già preannunciano, nell’orchestrazione tonale, la predilezione degli anni successivi per gamme cromatiche basse e terrose.
Lo “spegnimento” della tavolozza si sposa alla lavorazione materica del colore che si traduce in sottili increspature della superficie, in effetti di graffito, in trame di solchi incisi.
Nella produzione degli anni ‘60, la rielaborazione, non senza trattenimenti, degli echi della stagione informale prende avvio da spunti di natura paesistica che, nelle prove migliori, vengono sottoposti ad un processo di riduzione tendenzialmente astraente.
Si impongono allora composizioni dalla struttura sedimentaria che diventerà un motivo ricorrente di stile, e che, unitamente alla sobria modulazione cromatica, imprimerà nelle tempere di questa fase una comune misura, una sorta di cadenza pausata.
Più i contemporanei lavori su carta in cui affiorano vaghe reminiscenze di automatismi surrealisti che movimentano segni e ritmi, ma che fanno anche trapelare un’imprescindibile esigenza di ordine negli assetti rigorosamente bilanciati.
5 maggio 1997, Buonincontri Francesca